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Tag: successione

Può il giudice attribuirti un immobile ereditario senza la tua volontà?

La Corte di Cassazione pensa di no!


Il caso è quello di più persone che hanno ereditato alcuni beni immobili non comodamente divisibili in natura.

Uno degli eredi ha chiesto al giudice di assegnargli soltanto alcuni degli immobili costituenti l’eredità mentre gli altri coeredi, pur non opponendosi, non hanno avanzato al tribunale nessuna richiesta di assegnazione dei restanti beni.

Il tribunale ha deciso di assegnare all’erede richiedente gli immobili da lui scelti e al tempo stesso ha assegnato agli altri coeredi, congiuntamente tra loro, i restanti beni ereditari, obbligandoli anche a pagare un conguaglio in denaro.

La Corte di Cassazione ha censurato tale decisione del tribunale, ritenendo che il giudice non abbia il potere di assegnare dei beni ai coeredi senza la loro volontà e che in mancanza di accordo tra gli eredi sull’attribuzione degli immobili debba disporne la vendita.

Infatti, il potere discrezionale del giudice, nella divisione dei beni non comodamente divisibili e caduti in successione, non si estende fino al punto di poter imporre ad un erede un’assegnazione di beni, sia individuale che congiunta, quando essa non sia stata richiesta.

Quindi l’unico rimedio adottabile, quando non c’è accordo tra i coeredi sull’assegnazione dei beni immobili non divisibili in natura, è la vendita dei beni stessi e l’attribuzione del ricavato in base alle quote di ciascuno.

Hai ereditato insieme ad altre persone?

Ecco cosa fare!

E’ frequente il caso in cui, in seguito ad una successione, più persone si trovano ad essere titolari di quote di un unico bene. Il caso tipico è quello dei fratelli che ereditano l’abitazione dei genitori. Le quote di ciascuno saranno quelle stabilite dal testamento oppure dalla legge.

Come fare dunque se si vuole dividere il bene e sciogliere la comunione ereditaria?

Nessun problema se si trova una soluzione condivisa da tutti i coeredi, che possono scegliere tra varie soluzioni.

La legge riconosce a ciascun erede il diritto di ottenere in natura la sua parte di beni, sempre che questo sia possibile.
Infatti la divisione in natura, che consiste dividere materialmente i beni mobili o immobili in più parti, in modo che ciascun coerede possa goderne individualmente quale unico proprietario, può essere impedita sia dalle caratteristiche dei beni stessi sia da altre circostanze che rendono tale soluzione non opportuna, perché ad esempio eccessivamente costosa.

Sono quindi possibili altre soluzioni per cui gli eredi, d’accordo tra loro, potrebbero decidere di vendere in blocco i beni e dividere il ricavato in base alle quote di ciascuno; oppure prevedere che i beni ereditari siano acquistati da uno di loro, che liquiderà in denaro o con altri beni la quota degli altri.

In tutti questi casi avremo una divisione contrattuale dell’eredità, ossia frutto dell’accordo tra tutti i coeredi.

Il contratto di divisione deve necessariamente avere la forma scritta quando l’eredità comprende beni immobili o diritti sugli immobili, come l’usufrutto, e in tal caso dovrà essere trascritto nei registri immobiliari previa l’autenticazione del notaio.

E’ importante ricordare che, in caso di comunione ereditaria, se un erede intende cedere a un terzo tutta o parte della sua quota, è tenuto prima ad offrirla agli altri coeredi, che godono del diritto di prelazione.


Il problemi sorgono nel momento in cui l’accordo sulla divisione non si trova ed è allora necessario ricorrere alla consulenza dell’Avvocato e ai rimedi previsti dalla legge.

Il primo rimedio, obbligatorio per legge, è quello del procedimento di mediazione.
L’Avvocato spiegherà al cliente il funzionamento di questo semplice procedimento in cui gli eredi, assistiti dai loro Legali e con l’aiuto di un Mediatore, cercheranno di trovare un accordo sulla divisione del bene. L’aiuto del mediatore è fondamentale in quanto, essendo un soggetto perfettamente imparziale, è in grado di suggerire una prospettiva oggettiva per la divisione dei beni, che tenga conto, non solo del lato economico, ma anche degli aspetti emotivi e relazionali che sempre accompagnano le controversie ereditarie.

Trovare l’accordo in mediazione consente di evitare i tempi e i costi di una causa civile e di salvaguardare l’aspetto “umano” della vicenda, che di solito viene travolto nel momento in cui la mediazione fallisce e si è costretti ad agire in tribunale.

Nel caso si debba dividere un bene immobile, spetterà al giudice valutarne la comoda divisibilità in natura e, quando tale soluzione non è percorribile, la possibilità di assegnarlo ad uno dei coeredi.

Come ultima possibilità, ne disporrà la vendita con distribuzione del ricavato in proporzione alle quote.

Debiti nell’eredità? Non ti conviene diventare erede?

Attenzione a questi comportamenti!

Per acquistare la qualità di erede non è necessario dichiarare espressamente la volontà di accettare l’eredità: attraverso determinati comportamenti è infatti possibile manifestare implicitamente l’intenzione di diventare eredi.

Si tratta di comportamenti dai quali si desume che il soggetto chiamato ad ereditare vuole effettivamente subentrare nei diritti propri di un erede o atti comunque incompatibili con la volontà di rinunciare all’eredità.

In questo senso, secondo la giurisprudenza deve considerarsi erede il soggetto che utilizza l’immobile appartenuto al defunto e compie la voltura catastale, provvedendo altresì alla denuncia di successione e intervenendo nel giudizio di divisione dell’eredità.

Si tratta infatti di condotte tipiche di chi intende rivestire la qualità di erede.

In particolare, la voltura catastale, a differenza della dichiarazione di successione che ha solo natura fiscale, è rilevante per determinare la qualità di erede del soggetto che la compie, poiché produce effetti, non solo di natura tributaria, ma anche di natura civile. Allo stesso modo, la gestione del patrimonio del defunto, ove non abbia natura meramente conservativa del medesimo, configura un’accettazione implicita di eredità: si pensi ad esempio al pagamento di debiti o alla riscossione di crediti.

Occorre quindi fare molta attenzione alle modalità con cui si gestiscono i beni del defunto in quanto anche l’accettazione tacita, così come quella espressa, comporta la responsabilità per i debiti che gravano sull’eredità nei confronti dei creditori.

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