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Autore: Studio Malaguti - Garlassi

Licenziamento illegittimo: cosa fare?

Essere licenziati è sempre un momento difficile, ma se il licenziamento non è avvenuto nel rispetto delle regole, potresti avere diritto a un risarcimento o addirittura a riottenere il tuo posto di lavoro. In questo articolo rispondiamo alle domande più comuni su cosa fare in caso di licenziamento illegittimo.


🔹 Che cosa si intende per “licenziamento illegittimo”?

Un licenziamento è considerato illegittimo quando non rispetta le regole previste dalla legge o dal contratto di lavoro. Ad esempio:

  • non è stata indicata una giusta causa o un giustificato motivo,
  • non sono stati rispettati i termini o le modalità previsti,
  • è stato fatto per discriminazione o ritorsione.

🔹 Come faccio a sapere se il mio licenziamento è illegittimo?

È importante analizzare bene le motivazioni indicate nella lettera di licenziamento. Spesso, dietro una motivazione generica, possono nascondersi comportamenti non corretti da parte del datore di lavoro. Il consiglio è quello di rivolgersi a un avvocato che possa valutare la situazione e spiegarti se ci sono gli estremi per contestare il licenziamento.


🔹 Cosa devo fare subito dopo aver ricevuto la lettera di licenziamento?

  1. Non firmare nulla se non sei sicuro di quello che stai firmando.
  2. Conserva una copia della lettera di licenziamento e di eventuali comunicazioni precedenti o successive.
  3. Contatta un avvocato al più presto: ci sono termini precisi entro cui agire (di solito 60 giorni per fare la contestazione).

🔹 Cosa si può ottenere se il licenziamento è davvero illegittimo?

Dipende dal tipo di contratto e da vari fattori. In generale si può ottenere:

  • Il reintegro sul posto di lavoro, nei casi più gravi.
  • Un risarcimento economico, che può arrivare fino a diverse mensilità di stipendio.
  • Il riconoscimento di altri diritti (contributi non versati, ferie non pagate, ecc.).

🔹 È possibile risolvere la questione senza andare in tribunale?

Sì, spesso si arriva a una soluzione stragiudiziale, cioè un accordo tra lavoratore e datore di lavoro, con l’assistenza di un avvocato. Questo può permettere di ottenere un indennizzo in tempi più brevi, evitando le lungaggini di un processo.


🔹 Quanto tempo ho per agire?

La legge prevede tempi molto rigidi:

  • 60 giorni dalla data del licenziamento per fare la contestazione formale.
  • 180 giorni dalla contestazione per avviare un’azione legale o tentare una conciliazione.

Per questo è fondamentale non perdere tempo e consultare un professionista al più presto.


🔹 Come può aiutarmi il nostro studio legale?

Il nostro studio offre:

  • Valutazione gratuita del tuo caso, anche online.
  • Assistenza nella redazione della contestazione.
  • Supporto durante eventuali trattative o azioni legali.

Siamo al tuo fianco per difendere i tuoi diritti e aiutarti a ottenere ciò che ti spetta.

Che cosa è il Mobbing sul lavoro?

Il mobbing è una forma di violenza psicologica sul lavoro, caratterizzata da comportamenti ostili,
sistematici e prolungati nel tempo, messi in atto da colleghi, superiori o datori di lavoro, con lo scopo o
l’effetto di isolare, danneggiare o spingere il lavoratore a dimettersi.


⚠️ Elementi che definiscono il mobbing

Per essere considerato mobbing, devono esserci elementi precisi, tra cui:

  1. Comportamenti ostili e ripetuti (es. umiliazioni, critiche ingiustificate, isolamento)
  2. Durata nel tempo (non è un evento isolato, ma continua per settimane o mesi)
  3. Intento persecutorio (volontà di danneggiare il lavoratore)
  4. Squilibrio di potere tra chi attua il mobbing e la vittima
  5. Conseguenze psicofisiche sulla vittima (ansia, depressione, malessere, malattia)
  6. Contesto lavorativo (deve avvenire in un ambiente di lavoro, pubblico o privato)

Esempi di comportamenti mobbizzanti

  • Esclusione da riunioni o comunicazioni importanti
  • Critiche continue e immotivate
  • Dequalificazione o svuotamento del ruolo
  • Minacce velate o aperte
  • Controlli esasperati o imposizione di compiti umilianti

⚖️ Tutela legale

In Italia, il mobbing non è espressamente previsto da una legge specifica, ma è riconosciuto e punito dalla giurisprudenza sulla base di:

  • Art. 2087 c.c. (tutela della salute del lavoratore)
  • Art. 32 Costituzione (diritto alla salute)
  • Responsabilità civile per danni patrimoniali e non patrimoniali

In alcuni casi può configurarsi anche un reato (es. stalking, lesioni, violenza privata).


🛡️ Cosa fare se pensi di subire mobbing

  1. Documentare tutto (mail, messaggi, testimonianze)
  2. Rivolgersi al medico o psicologo (per certificare i danni)
  3. Consultare un avvocato del lavoro
  4. Eventualmente denunciare all’Ispettorato del Lavoro o presentare causa civile

Posso preferire un figlio rispetto all’altro con il testamento?

Ecco un esempio concreto di testamento olografo (scritto a mano) in cui un genitore vuole favorire un solo figlio, restando però nei limiti della legge.

Situazione ipotetica:

  • Il genitore ha due figli (nessun coniuge).
  • Il suo patrimonio totale è di 300.000 euro.
  • La legge impone che i due figli abbiano insieme almeno 2/3 dell’eredità, cioè 200.000 euro100.000 euro ciascuno.
  • Il genitore può disporre liberamente solo di 1/3 dell’eredità (100.000 euro).

Supponiamo che voglia favorire solo il figlio Marco e lasciare il minimo al secondo figlio, Luca.

Esempio di testamento olografo:

(da scrivere a mano, con data e firma)

Io sottoscritto, Mario Rossi, nato a Milano il 5 maggio 1950, dispongo delle mie ultime volontà.

Lascio al mio figlio Marco Rossi, nato a Milano il 10 giugno 1980, la quota disponibile della mia eredità.
Riconosco come miei eredi legittimari i miei due figli, Marco Rossi e Luca Rossi, ai quali spetteranno le rispettive quote di legittima secondo quanto previsto dal Codice Civile.

Milano, 30 aprile 2025
Firma: Mario Rossi

Cosa succede con questo testamento?

Marco riceve:

  • 100.000 euro (sua quota legittima)
  • 100.000 euro (quota disponibile)
  • Totale: 200.000 euro

Si può non lasciare l’eredità ai figli?

In Italia, non è possibile escludere completamente i figli dall’eredità con il testamento, a meno di casi eccezionali. La legge italiana tutela infatti i cosiddetti “legittimari”, cioè:

  • il coniuge,
  • i figli (naturali, legittimi o adottivi),
  • e, in assenza di figli, gli ascendenti (genitori).

Cosa significa questo?

Anche se una persona redige un testamento lasciando tutto a qualcun altro (ad esempio a un amico, a un altro figlio, o a un ente), i figli hanno comunque diritto a una quota di eredità detta “legittima”, che non può essere loro sottratta.

Le quote legittime (esempi semplificati):

  • Se c’è un solo figlio → ha diritto almeno a 1/2 del patrimonio.
  • Due o più figli → insieme hanno diritto almeno a 2/3 del patrimonio.
  • Coniuge + figli → si dividono la quota legittima in proporzioni stabilite dalla legge.

Si può ridurre la quota?

Sì, si può disporre del “disponibile” (la parte non riservata ai legittimari) come si vuole. Quindi si può favorire un figlio rispetto a un altro, oppure un estraneo, ma mai azzerare completamente la quota dei figli.

Unica eccezione: l’indegnità

Se un figlio compie atti gravi contro il genitore (come tentare di ucciderlo, falsificare un testamento, ecc.), un giudice può dichiararlo indegno a succedere, e in quel caso perde i suoi diritti ereditari.

Può un inquilino già sfrattato rimanere nell’immobile prima che venga l’ufficiale giudiziario?

SI, una persona sfrattata può continuare ad abitare l’immobile fino a quando non interviene l’ufficiale giudiziario per eseguire materialmente lo sfratto.

Ecco cosa succede in pratica:

  • Dopo la sentenza di sfratto (ad esempio per morosità o finita locazione), viene notificata l’ordinanza di rilascio con una data entro la quale l’inquilino deve lasciare l’immobile spontaneamente.
  • Se l’inquilino non se ne va entro quella data, il locatore (proprietario) deve richiedere l’intervento dell’ufficiale giudiziario, che fisserà una data per l’esecuzione forzata dello sfratto.
  • Fino a quel giorno, anche se formalmente è tenuto a lasciare l’immobile, l’inquilino resta fisicamente all’interno.

ATTENZIONE:

  • Questo non blocca l’esecuzione dello sfratto, e anzi potrebbe avere conseguenze negative: ad esempio, il proprietario può chiedere indennità di occupazione, e i costi legali aumentano.
  • Resistere allo sfratto forzato (ad esempio impedendo l’accesso all’ufficiale giudiziario) può configurare reati penali.